Cottura passiva
Food

Buona senza fiamma. La cottura passiva

La crisi energetica si combatte anche davanti ai fornelli con la cottura passiva. A lungo sperimentata, vi lasciamo anche una ricetta collaudata

La crisi energetica galoppa, i prezzi del gas e della corrente oscillano peggio delle azioni in borsa e piuttosto che aprire una bolletta e leggere la cifra ci si farebbe flagellare. Fra le tante buone azioni che possiamo fare per calmierare i costi, oltre alla doccia in due, cosa che Mae West consigliava già negli anni ’30 con “Save water, take a shower with friends”, c’è la Cottura Passiva.   

Mae West sul set di “Go West Young Man”; 1936.

Da quando si è iniziato a parlarne è tutto un fiorire di scienziati e food blogger intenti a spiegare ad un pubblico scioccato e ignaro i prodigi e i poteri dell’acqua calda che può cuocere la pasta – udite udite! – senza la fiamma del gas

Sorvolando su alcuni commenti che ho letto, al limite fra il delirante e il trattamento sanitario obbligatorio, abbiate fede: la pasta cuoce anche a gas spento

Da buon italiano ho imparato a cucinare prima osservando mia nonna e poi come “garzone da cucina” di mio padre.

Viaggiando in India e in Estremo Oriente ho scoperto i piaceri dell’alimentazione vegetariana, ma l’amore per i primi piatti mi è rimasto appiccicato addosso e sono convinto che nel DNA italiano la pasta sia un “gene dominante”.

Cottura passiva: un metodo già largamente sperimentato

Diventata virale grazie agli esperimenti social di Dario Bressanini e del premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi la cottura passiva non è un metodo rivoluzionario, ma un sistema pratico appartenente alla categoria della “scienza sui generis”. 

Usata spesso in passato, quando i fornelli del gas erano una rarità più che una consuetudine, fu “riscoperta” negli anni Sessanta da Vincenzo Agnesi, erede dell’omonima famiglia, che nel volumetto “È tempo di pasta” teorizzava “il nuovo sistema di cuocere gli spaghetti”.  

Vincenzo Agnesi “È Tempo di Pasta”

Lasciando da parte le regole della fisica partiamo da un presupposto: l’acqua bolle intorno a 100 gradi e, una volta messo il coperchio e spento il gas, non si raffredda in un batti baleno.

Se avete dei dubbi basta sollevare il coperchio dopo dieci minuti e tuffarci la mano: sperimenterete il sottile piacere di una ustione di secondo grado nonché l’efficienza del pronto soccorso più vicino a casa. 

Nell’epoca d’oro del gas illimitato, si aspettava che l’acqua bollisse, si controllava il tempo di cottura della pasta, si tuffata il farinaceo nella pentola (lasciando scostato il coperchio per evitare eruzioni vulcaniche di acqua bollente), si impostava il timer e ci si dedicava ad altro, ricordandosi di mescolarla di tanto in tanto.

 

Tortiglioni in cottura
cottura passiva
La cottura passiva? Meglio se si utilizza un coperchio in vetro

Ecco, nella cottura passiva (o come la chiamano i food blogger più trendy “passive cooking”, spacciando ignominiosamente per qualcosa di “glamour” un sistema usato da nonna Concetta o da nonna Rosina in tempi di guerra) la procedura è la medesima, ma con due differenze. 

Passive cooking, ecco tutti i passaggi per non sbagliare

La prima è che dopo aver buttato la pasta bisogna aspettare che l’acqua torni a bollire, poi si mette il coperchio e spegne il gas. 

La seconda è che al tempo di cottura riportato sulla confezione della pasta bisogna aggiungere circa 2 minuti. Per cui se i vostri spaghetti nr. 5 cuociono in 9 minuti basta sommare 9+2 = 11 minuti. 

Fate partire il vostro timer, a metà del tempo date una mescolata veloce, richiudete e al trillo assaggiate e controllate se serva un minuto in più: cioè la stessa cosa che si suppone abbiate sempre fatto anche prima della crisi energetica, salvo scolare spaghetti dritti come fusi o ridotti ad un ammasso colloso.

Spaghetti, pomodoro e basilico

La regola si applica a vari formati di pasta – in media 2 minuti in più.

È un metodo che uso da anni e mi sono sempre trovato benissimo: la pasta risulta cotta al dente, il sapore non cambia, i valori nutrizionali non sono precipitati, non sono deperito né denutrito (certo la mia personalissima dose di pasta – 150 grammi – aiuta). 

Ho iniziato in tempi non sospetti, quando il consumo di gas non era un problema, per comodità e praticità. Fedele all’adagio “minimo sforzo massima resa” mi sono tolto il pensiero dell’acqua che “viene su” spegnendomi il gas e del fastidioso rumore della ventola.

La ricetta collaudata degli spaghetti al limone e zenzero

Vi lascio con una ricetta veloce e facile, perfetta per quando si ha poco tempo o poca voglia di spadellare: gli spaghetti al limone e zenzero.

Ingredienti per due persone:

50 grammi di formaggio grattugiato (grana, parmigiano o pecorino).

Il succo di un limone.

Un cucchiaio di zenzero grattugiato (o un cucchiaio di zenzero in polvere). 

5 cucchiai d’olio d’oliva. 

Sale q.b. 

Spaghetti o linguine (ciascuno è libero di utilizzare le dosi a cui è abituato). 

In una insalatiera per pasta unite tutti gli ingredienti e mescolate per bene sino ad ottenere un composto cremoso e quasi fluido. Assaggiate e nel caso correggete di sale. 

Scolate la pasta, tendendo da parte un bicchiere d’acqua di cottura, tuffatela nell’insalatiera e mescolate per bene: se risulta asciutta aggiungete un goccio d’acqua di cottura e mescolate.  

Potete guarnire con una fetta di limone e una macinata di pepe verde. 

Bon appétit.

Spaghetti al Limone e zenzero (immagine esplicativa).

Qui trovate un paio di link interessanti: 

Dario Bressanini, la scienza in cucina e la cottura passiva. 

Barilla e la cottura passiva. 

Ammiro il coraggio della redazione di Volgare Italiano. Chiedermi di scrivere degli articoli, lasciandomi per giunta carta bianca nella scelta delle tematiche e dello stile, lo ritengo un grande atto di coraggio, o di follia, o di entrambe le cose assieme. Tutto sommato, se dovranno rammaricarsi o rallegrarsi per questa scelta, non dipende né da me, né da loro, ma da voi lettori. Perché Dottor Divago? E’ presto detto. Perché amo divagare da un tema all’altro, anzi lo faccio proprio con dovizia ed impegno. Non ho la presunzione di conoscere tutto, sia ben chiaro, però ho l’ardire di amare il bello, aggettivo qualificativo che applico ad ogni aspetto della vita nella sua forma più assoluta. Sinché durerà la collaborazione con Volgare Italiano, toccherò sempre con grande leggerezza vari argomenti disparati fra loro, con l’unico obbiettivo di offrirvi una distrazione dalle vostre occupazioni quotidiane (se piacevoli lo deciderete voi). Il fatto di non essere un accademico né un critico ma una persona normalissima, a volte troppo, quanto vorrei avere ogni tanto un barlume di follia, mi regala l’occasione di dialogare di tutto senza addentrarmi troppo nei dettagli. Del resto la curiosità rappresenta una porta semi aperta sulla conoscenza, e se anche per un attimo avrò suscitato in voi questa sottile sensazione che vi porterà ad approfondire “motu proprio” un qualsivoglia argomento, sarò soddisfatto (e lo sarete anche voi, fidatevi). Di cosa si può parlare con leggerezza? Di tutto. Basta farlo con garbo, eleganza ed ironia. Tre qualità che andrebbero applicate in ogni aspetto della vita, soprattutto in tempi sospetti quali sono i nostri, dove scivolare nel cattivo gusto pare sia ormai must quasi irrinunciabile. Personalmente ritengo che la massima di Andy Warhol “in futuro tutti saranno famosi per quindici minuti” sia stata presa un po’ troppo sul serio, e preferisco di gran lunga un'altra sua frase “credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d'arte che si possa desiderare”. Ecco, aggiungerei che, oltre a non rovinarla, sarebbe anche carino cercare di renderla un luogo migliore, fosse anche per provare sulla propria pelle un emozione diversa dal solito. Ecco, divago, lo so, è inevitabile. Tornando agli argomenti non vi tedierò con un infilata di temi, tematiche e note a margine: è cosa che detesto quasi quanto le tasse, ma sempre meno delle promozioni telefoniche. Diciamo che vi sono tante sfumature di colori, più di quante ve ne siano in un arcobaleno, nella storia, nell’arte, nella moda e nelle mode, nel saper vivere, nel recitare su di un palco come nella vita. Di questo mi occuperò, sempre se la redazione non cambierà idea dopo questo articolo. Gli spiriti liberi sono pericolosi per loro stessa natura: non imbrigliati nelle reti del pensiero corretto si permettono l’oltraggiosa arte del Divagare senza una meta prefissa. O forse l’hanno. Vedremo.