Storia dell'abbigliamento intimo
Fashion

Nascosto a vista: mitologia dell’intimo

La storia dell’abbigliamento intimo: da necessità a strumento di seduzione

Dal mammillare dell’Antica Roma al Wonderbra, la storia (e le storie) dell’abbigliamento intimo.

La moda è ciclica, lo sappiamo. Le tendenze vanno e vengono, le dimentichiamo e tornano, accolte con un misto di scandalo (“oh no, quello ancora no!) ed entusiasmo. Lo stesso si può dire per specifici capi di abbigliamento o, ancora, per quello che portiamo al di sotto dei suddetti capi di abbigliamento. La storia della lingerie è lunga, frastagliata, più o meno ciclica e più o meno nascosta, così come più o meno nascosti sono brassiere, mutandoni e sottovesti.

Dal momento in cui l’essere umano ha sentito la necessità di vestirsi, uno dei motivi principali fu, senza ombra di dubbio, la consapevolezza di sè, del corpo e quindi del senso del pudore. Le prime note storiche riguardanti l’utilizzo di abbigliamento ritenuto intimo in senso stretto, si hanno però a partire dal 1550 A.C. nell’Antico Egitto.

La lingerie ai tempi dei faraoni

Proprio durante il regno faraonico donne ed uomini iniziano ad indossare capi specificatamente pensati ed ideati per coprire le zone intime. Gli uomini del popolo erano soliti indossare il pano, un perizoma realizzato con un rettangolo di tessuto. I rappresentanti delle classi nobiliari utilizzavano lo schentis, una sorta di pareo caratterizzato da una fitta pieghettatura. Le donne, invece, usavano portare una leggera sottoveste sotto le tuniche. La sottoveste, definita kandis, rimase in uso nei secoli a venire.

Greci e Romani, l’abbigliamento intimo si attualizza

Nella Grecia Antica, al di sotto di pepli e chiton, già considerati capi intimi, gli ellenici usavano perizomi triangolari in tessuto. 

La civiltà Romana riprende gli indumenti delle epoche precedenti, con particolare attenzione però nei confronti dell’intimo. Ne abbiamo varie testimonianze iconografiche, come i celebri mosaici della Villa del Casale di Piazza Armerina. Dieci fanciulle, intente a praticare diversi allenamenti sportivi, indossano quello che potremmo definire un bikini.

Al fine di coprire le pudenda, gli antichi romani solevano portare il subligaculum o licium, un perizoma in lino uguale per uomini e donne. Prerogativa femminile era il mammillare, una fascia da stringere attorno al seno, spesso realizzata in cuoio.

Villa romana del Casale. Mosaici ragazze in bikini

Quando le donne non portavano le mutande?

Durante il Medioevo, l’intimo si evolve. Gli uomini iniziano a portare le calzebrache, calzoni aderenti che coprivano anche il piede. le fonti storiche e le testimonianze per quanto riguarda l’intimo femminile sono, invece, estremamente scarse. Sembra che le mutande fossero ritenute prerogativa maschile, e che le donne che si ostinassero a indossarle fossero ritenute “indecorose”. Tuttavia la recente scoperta di alcuni capi intimi femminili, risalenti al XV secolo, nel castello austriaco di Lengberg, mostra della lingerie molto simile a quella attuale.

Caterina de Medici introduce le mutandae

A partire dal 1500 appare quello che potremmo definire intimo, secondo la concezione e l’immaginario contemporaneo. Fu Caterina De Medici a introdurre la “mutandae” (lett. che deve essere cambiato). Nello stesso periodo i corsetti e bustini si diffondono, insieme alle braghesse, una sorta di pantalone lungo al ginocchio, spesso impreziosito da ricami e nastri. Controverse già all’epoca, entro il 1700 le braghesse divennero il capo simbolo delle prostitute e persero il loro appeal tra la nobiltà, trovando ampio consenso nel popolo.

Il “corredo” nell’Ottocento

Nell’Ottocento la lingerie diventa un vero e proprio “affare” (solo una parola: “corredo”). Al di sotto dell’immancabile bustino le donne portavano, a pelle, leggere camiciole in lino, cotone o seta, con abbondanti ricami e pizzi. Compaiono i mutandoni, necessari con l’avvento delle crinoline, che rischiano di sollevarsi e mostrare più del dovuto. Si tratta di calzoni in cotone o lino che arrivano al ginocchio, legati in vita e al ginocchio con nastri. anche in questo caso ricami, pizzi e merletti abbondavano, rendendo l’indumento piacevole anche esteticamente e non solo per la suo funzionalità.

Il 1898 è un anno importante per la storia dell’abbigliamento intimo. In Francia, Hermine Cadolle, proprietaria di un laboratorio di lingerie taglia il corsetto sotto il seno, dando vita al primo modello di reggiseno vero e proprio. Ma nel 1914 è la New Yorkese Caresse Crosby, al secolo Mary Phelps Jacob, a brevettare il reggiseno: due lembi tessuto cuciti insieme con nastri da allacciare al corpo. 

Caresse crosby, il brevetto
Mutandoni del 1800

L’evoluzione dell’intimo nel Novecento

Il XX secolo è testimone di una continua rielaborazione dell’intimo, soprattutto quello femminile. Gli uomini al momento indossano semplici boxer, che saranno parzialmente sostituiti dagli slip a partire dal 1940.

E’ a partire dal secondo dopoguerra che le innovazioni tessili, giocano un ruolo fondamentale nella produzione di capi intimi. Prima tra tutte, l’introduzione delle nylon. Le calze, che fino ad allora sono state in seta o in scomoda lana, diventano leggere ed economiche, irrinunciabili per ogni donna. Si riscopre la giarrettiera (inventata già nel medioevo) e la guepiere. Arrivano gli anni ’50 e con essi la moda delle pin-up, anche grazie all’invenzione del reggiseno push up, per opera di Frederick Mellinger nel 1947.

L’intimo negli anni ’50: coppe cuspidate e panciera

I movimenti femministi degli anni ’60 vedono nel reggiseno un ulteriore simbolo della repressione maschilista e patriarcale che stavano combattendo strenuamente. Alcune attiviste ripudiarono pubblicamente il reggiseno, reo di ridurre la donna ad, ancora, un oggetto sessuale. Vari gli episodi di bra-burning negli anni. Bruciando i reggiseni, in pubblica piazza, si bruciava l’oppressione dell’uomo sulla donna; dalle ceneri ne nascevano fenici libere dalla costrizione e dall’immagine che la società fallocrate aveva loro affibbiato.

Le aziende, per tutta risposta, lanciarono sul mercato prodotti più morbidi che accarezzano il corpo senza costringerlo; alla minigonna si accompagna il collant che diventa simbolo della nuova libertà conquistata.

Gli anni ’70 sono caratterizzati da un intimo sobrio e delicato, che darà il via al boom dell’intimo sexy del decennio seguente. Negli anni 80 del XX secolo, la lingerie diventa elaborata ed estremamente sensuale: pizzi, merletti, guepiere, body, reggicalze. Protagonista nel cinema e nella televisione, indimenticabile l’iconica la sottoveste di Kim Basinger in “9 settimane e 1/2”. 

Il reggiseno è il simbolo degli anni 90. Nel 1994 appare sul mercato il Wonderbra, celeberrimo push-up lanciato dal marchio Playtex. Prima testimonial è la modella Eva Herzigova in una pubblicità che ha fatto storia ed eletta nel 2011 “la pubblicità più efficace di sempre”.

Il wonderbra indossato da Eva Herzigova

Nella moda contemporanea l’intimo è diventato parte integrante dell’abitudine vestimentaria. 

Già alla fine del secolo scorso Tom Ford introduce l’intimo a vista nella sua sfilata SS 1998 per Gucci, in cui laccetti e spalline sbucano da gonne e top come elementi decorativi dell’outfit. Una tendenza che riemerge grazie ai nuovi trend di ispirazione Y2K e che gioca a doppio filo con i moderni movimenti di liberazione che urlano “free the nipple”.

Da mostrare con orgoglio o rifiutare completamente, il nuovo capitolo della storia dell’intimo sta per essere scritta

Colleziona scarpe ma non sa portare i tacchi. Appassionata di storia del costume e affascinata dai significati nascosti negli abiti, se non è intenta ad approfondire il fenomeno moda molto probabilmente starà guardando un documentario true-crime.