
Il successo di Shein a Milano è uno schiaffo alla sostenibilità
Il pop up store di Shein a Milano ci dà un preciso (e grave) quadro della situazione sull’educazione delle nuove generazioni
Centinaia di ragazzi ammassati dinanzi al pop up store di Shein a Milano, aperto per pochissimi giorni per “viziare” con una shopping experience fisica, la clientela italiana.
Già alle prime luci dell’alba, alcuni giovani che dovrebbe rappresentare la new generation attenta al benessere del pianeta, si sono appostati davanti le saracinesche del negozio per accaparrarsi i capi dell’ormai celebre colosso della moda low cost.
Se scrivessi schifezze prêt-à-porter, ci andrei a gamba tesa, ma ecco: l’ho fatto. Non nascondo la rabbia nel dover scrivere questi quattro paragrafi contro questa sciatteria che fa male al pianeta; ne ho scritti di centinaia, di paragrafi, a favore della moda sostenibile. Nulla, non c’è lezione che tenga.
Il fatturato di Shein.
Gli sprovveduti certamente saranno completamente all’oscuro del fatturato di Shein, in continua crescita. Indorare le tasche della moda inquinante; dare manforte a una produzione massiccia, che sfrutta la manodopera e che inquina gravemente il pianeta (le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti); che provoca allergie più o mene serie alla pelle e che collassa, praticamente, tutti gli sforzi di artigiani e di un’intera filiera che ogni giorno produce capi e accessori attenti alla qualità.
Fatturato a numeri raddoppiati. Durante la pandemia, nel 2020, il suo commercio non si è arrestato, anzi. Complice la vendita online capillare, il marchio ha fatturato 10 miliardi di dollari. Nel novembre 2021, Shein è passata dal valere 15 miliardi di dollari al valere 30 miliardi di dollari. Le sue vendite sono aumentate, negli ultimi 10 anni, del 100%. Entro il 2022, secondo le previsioni di Morgan Stanley, potrebbe raggiungere i 20.000 milioni di dollari, diventando il più grande marchio di distribuzione di moda al mondo.
La moda Low Cost complice dell’assassinio di centinaia di migliaia di vite l’anno
Secondo l’OMS, “la crisi climatica è la più grande minaccia per la salute dell’umanità“. Se ci spingessimo lungo la riva del Korle, nella capitale ghanese di Accra, noteremmo dune di abiti in poliestere; una parte di questi arriva a destinazione presso strutture caritatevoli; altre, invece, sono inghiottite dalla sabbia oppure trascinate sotto i fondali marini minacciando l’intero ecosistema.
Il settore della moda, per chi ne fosse all’oscuro, emette ogni anno più di un miliardo di tonnellate di gas serra ed è colpevole di inquinare le falde acquifere per il 20% del totale delle sostanze inquinanti emesse nell’acqua.
Qual è il punto di forza di Shein
Probabilmente l’alienazione di una parte della Generazione Z incapace di gestire l’omologazione imposta dai Social Network: è questo il punto di forza di Shein. Il catalogo online viene aggiornato costantemente proponendo sino a 1000 fantasie ogni 24 ore. Una vera potenza della moda a basso prezzo che ha spinto Zara (solo per citare un marchio) a cambiare target di riferimento perché ormai non più competitiva.
Partiamo da una prima considerazione. Secondo un’indagine di Modaes, in questo momento storico la moda low cost costa l’11% in più. Secondo Bloomberg, il marchio spagnolo avrebbe registrato rincari tra il 22% e il 24% in tutta Europa.
Sembra chiaro, dunque, il cambio di rotta messo in atto da Zara che preferisce diversificarsi da un mercato sempre più saturo. L’etichetta, infatti, starebbe puntando ad una moda sempre più sostenibile trovando, nelle materie prime di qualità maggiore rispetto al passato, la chiave di svolta per il suo cambiamento.
Lo stile Shein.
Chiaramente non esiste uno stile Shein, ma un’accozzaglia di abiti e accessori a un prezzo che oscilla dai 5 euro ai 30 euro e che promette un cambio di armadio ogni due mesi circa. Attraverso la sua app (negli Stati Uniti è stata scaricata più di Amazon, per farvi un’idea) si possono scrollare pagine su pagine di tendenze da cui trarre ispirazione. Poliestere stropicciato, appunto. Design brutto da vedere e silhouette difficile da portare. Però, la Generazione Z è cresciuta nell’era di un nuovo consumismo, quello irresponsabile, che spinge come un piede sull’acceleratore di un bolide, all’acquisto compulsivo.
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