Abito vintage Gicci indossato da Bella Hadid
Fashion

A qualcuno piace vintage (l’abito)

L’abito vintage è il vero protagonista dei red carpet più glamour. Una tendenza o una necessità?

A qualcuno piace vintage (l’abito), parafrasando una famosa battuta pronunciata da Tony Curtis in “A qualcuno piace caldo”.
Ultimamente, sui tappeti più o meno rossi degli eventi mondani ad attirare l’attenzione dei media, e di conseguenza del pubblico, sono gli abiti vintage, spesso indossati da donne che non erano neanche nate quando quegli abiti vedevano la luce.

All’ultimo Festival di Cannes, Bella Hadid ha indossato abiti vintage scelti dal suo stylist, Law Roach (che trovate su Instagram come @luxurylaw), ed è stata una delle celebrità più ammirate.
Chi si ricorda dell’accoppiata Tom Ford-Gucci (che io definisco “a match made in fashion heaven”) non può non aver provato un’emozione nel vedere Bella indossare una delle creazioni più celebri dello stilista texano per la casa di moda fiorentina, l’abito bianco con oblò, della collezione autunno/inverno 1996/97, fotografato per la campagna pubblicitaria da Mario Testino e indossato da Georgina Greenville mentre osserva un modello, anche lui di bianco vestito, abbandonato su una sedia.

Bella, di nome e di fatto, ha indossato anche abiti presi dagli archivi di Versace e Chanel. Di recente, Zendaya (quante celebrità possono permettersi di essere conosciute solo con il nome di battesimo? Poche e lei è una di queste, anche grazie a un nome non comune, si capisce) ha partecipato al Gala organizzato a New York dalla rivista Time con un abito vintage di Bob Mackie, praticamente coetaneo di quello di Gucci indossato da Bella Hadid.

Zendaya in Bob Mackie
Zendaya in Bob Mackie

Kim Kardashian e l’abito di Marilyn Monroe

Una menzione speciale va fatta per l’abito di Jean Louis indossato da Kim Kardashian al Met Gala, quello che ha scatenato l’indignazione social e a cui si è inevitabilmente aggiunto un pezzo di storia. Chissà se tra qualche decennio lo indosserà qualcuno che farà pensare e scrivere (o chissà come si comunicherà in quegli anni) “ma come si permette di paragonarsi a Kim?”

L’omologazione del lusso e l’unicità

Se negli ultimi tempi spopolano, tra le celebrità e soprattutto tra chi si occupa del loro stile, i look total pink di Valentino, ribattezzato “macho pink” ed eletto a colore anti-mascolinità tossica (ma esiste un antidoto a tale mascolinità? Magari si potesse eliminare a colpi di rosa e di marketing!), la risposta a una certa omologazione di lusso sembra essere l’unicità degli archivi della case di moda. Che accedere agli archivi sia il nuovo status symbol di divi e divine? Non è facile accedere ad abiti iconici, lo stesso Bob Mackie (o chi per lui) ha scritto su Instagram che a Law Roach (sì, sempre lui) è stato dato raro accesso ai suoi archivi.

Celebrità indossano celebri creazioni gentilmente concesse da celebri stilisti e case di moda. Gli ingredienti per il successo ci sono tutti.

In un mondo sempre più inclusivo fa tendenza l’esclusività

A voler riflettere sul significato di ciò, si può pensare che in un mondo che ci martella insistentemente con l’inclusione, qualunque cosa voglia dire, l’esclusività continua ad essere lo status symbol per eccellenza.
C’è una linea sottile che separa il voler appartenere a un gruppo e il voler essere sé stessi (avevo scritto unici, ma “unicità” è una delle parole più abusate, soprattutto quando si vuole promuovere qualcosa alle masse, quindi ho modificato e ci tengo a scriverlo).

Nessuno vuole andare in un alcun posto e trovare una persona vestita nello stesso modo. Proprio di recente ho visto un video che consigliava come fare casomai succeda. Tenere a portata di mano un kit d’emergenza per modificare velocemente il proprio outfit, con piccoli accorgimenti, come aggiungere un foulard o un accessorio vistoso sono buone idee. Si sa che gli accessori fanno la differenza, mentre modificare orli e staccare maniche mi sembra più un escamotage da commedia cinematografica americana.

Con un abito vintage difficilmente si corrono certi rischi, che andiate a un gala o al matrimonio di amici. Abiti e accessori “d’annata” hanno perfino conquistato il prezioso status di ecosostenibile. In un mondo che sembra produrre una collezione a settimana (per poi metterla in saldo poco tempo dopo) il famoso “usato sicuro” è di certo un buon compromesso, di sicuro più per la nostra coscienza che per l’ambiente.

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Amo la moda, il cinema, la musica, il mare. Sogno di diventare Ministro dello Stile. Ho lavorato per anni nei teatri, ho una passione per il marketing e mi affascina la numerologia.