La storia (tra successi e fallimenti) del più grande oggetto volante mai costruito dall’uomo: il dirigibile Hindenburg
Negli anni ho viaggiato con molti aerei. Al di là del comfort e dei servizi sono tutti accumunati da un lontano, profondo e fastidioso rumore dei motori. Poco importa se il vostro posto è in economy o in first class, quel rumore vi accompagnerà per tutta la durata del volo (nel caso non accada siete autorizzati a preoccuparvi). E se ci fosse un modo più comodo di volare? Per trovare una risposta dobbiamo tornare agli anni ’30, quando nel breve lasso di un anno il mondo vide il trionfo e il
dramma della più grande oggetto volante mai creato dall’uomo: il dirigibile Hindenburg.

Il dirigibile Hindenburg sorvola i cieli di New York
Intorno alle sei di mattina del 9 maggio 1936 i newyorkesi, solitamente avvezzi a tutto, si riversarono per le strade con il naso all’insù, per assistere a qualcosa di mai visto prima: quattrocento metri sopra le loro teste scivolava silenzioso il dirigibile LZ.129 Hindenburg.
Partito da Francoforte alle otto di sera del 6 maggio per la prima trasvolata del Nord Atlantico, dopo due giorni sorvolava Manhattan, la Fifth Avenue e l’Empire State Building, diretto all’aeroporto di Lakehurst, in New Jersey.
A bordo 50 passeggeri, fra cui molti giornalisti e VIP dell’epoca, osservavano rapiti ed entusiasti i grattacieli e la Statua della Libertà scorrere lentamente sotto i loro occhi. Se oggi ammirare New York da quell’altezza lascia senza fiato figuratevi cosa doveva essere nel 1936. Dopo 61 ore di volo l’enorme dirigibile scese senza scosse sulla pista e fu ancorato al pilone d’ormeggio.

Leggero ed economico
Lungo 245 metri e con un diametro di 41 metri, i 200 mila metri cubi di idrogeno contenuti in sedici celle gli consentivano di galleggiare senza peso nell’aria nonostante le sue 232 tonnellate, spinte a 135 km orari da quattro motori diesel. A differenza degli aerei risultava “più leggero dell’aria”, per tanto i motori servivano solo per spostarsi in volo e non per sollevarsi da terra (con un enorme risparmio in termini di carburante).
Lo scafo era composto da una complessa intelaiatura in alluminio, suddivisa in sedici sezioni, e avvolta da un involucro di cotone spalmato con strati di sostanze isolanti e vernici riflettenti.
Era progettato per utilizzare elio ininfiammabile ma gli Stati Uniti, che ne avevano il monopolio, rifiutavano di vederlo alla Germania. Questo obbligò la Società Zeppelin ad impiegare l’idrogeno.
Se pensate “io non potrei mai viaggiare con dell’idrogeno infiammabile sopra la testa” vi ricordo che non avete problemi a volare seduti sopra 200 mila litri di cherosene infiammabile, cioè la quantità media presente nei serbatoi di un Boeing.

La struttura del dirigibile Hindenburg
Le sistemazioni per i 50 passeggeri era poste all’interno del dirigibile, in una struttura organizzata su due ponti e dotata di grandi vetrate panoramiche. Sul ponte “B” si trovavano le scale d’imbarco retrattili e le scale dirette al ponte superiore, i servizi igienici e la doccia (la prima apparsa a bordo di un mezzo aereo), la cucina e i locali per il personale e gli ufficiali. Inoltre un salotto fumatori con bar, un “must” gradito da molti passeggeri.
Essendo pressurizzati permettevano agli amanti di sigarette, sigari e pipe di poter fumare in tutta tranquillità, infischiandosi beatamente dell’idrogeno. Ai lati del ponte due lunghe vetrate panoramiche erano inserite all’altezza del pavimento.



Sul ponte “A”, in posizione centrale, un piccolo atrio e 25 cabine doppie. Sul lato destro la sala di soggiorno con pianoforte (realizzato in alluminio per ragioni di peso e rivestito in cuoio dorato) e una saletta di lettura, entrambe aperte sulla passeggiata panoramica. Sulla sinistra della sala da pranzo con 34 coperti, un piccolo locale di servizio e un’altra passeggiata panoramica. Le grandi vetrate, inclinate di 45 gradi verso l’esterno, offrivano una vista superlativa. Le pareti degli ambienti erano rivestite in seta, dipinta con paesaggi nella sala da pranzo e con una mappa del mondo nella sala di soggiorno. Il salotto per fumatori era fasciato in pelle blu e oro, su cui era disegnata la storia del “più leggero dell’aria”, dalle mongolfiere ai dirigibili, e due planisferi; una simpatica ballerina di flamenco era stilizzata sulla parete del bar.








Dormire su un dirigibile
Le cabine erano essenziali e confortevoli: un letto basso ed un letto alto a scomparsa, un piccolo vano per riporre i vestiti, un lavabo, uno specchio, un tavolino, uno sgabello e ganci appendi abiti. Le pareti erano rivestite di seta in tre tonalità: beige, blu chiaro e grigio.
Se vi pare “poca cosa” vi ricordo che le attuali suite di prima classe di molti aerei non solo altro che box con una poltrona letto reclinabile, un tavolino a scomparsa e un maxi schermo interattivo. In compenso il costo del biglietto sarebbe quasi eguale: poco più di settemila euro per un volo da Francoforte a New York.


Graf Zeppelin, il predecessore
Concepito per i collegamenti con il Nord ed il Sud America, il successo dell’Hindenburg era dovuto in parte al suo predecessore, il Graf Zeppelin. Entrato in servizio nel 1928, più piccolo e in grado di imbarcare solo 20 passeggeri, in otto anni aveva radicato nel pubblico l’idea di affidabilità e sicurezza verso i dirigibili, effettuando 590 voli, fra cui un giro del mondo, un viaggio scientifico al Polo Nord e una crociera aerea in Egitto e Palestina.


Viaggiare su un dirigibile …
Nel suo anno di attività l’Hindenburg effettuò dieci trasvolate fra Francoforte e New York e otto fra Francoforte e Rio de Janeiro, per un totale di trentasei voli transoceanici, e ventisei voli pubblicitari, trasportando in tutto oltre 3700 passeggeri.
Ma come sarebbe viaggiare a bordo dell’Hindenburg? L’unica somiglianza con un volo odierno potrebbe essere la lunga e noiosa fase del check-in. Poi una volta a bordo i passeggeri abituali vi proporrebbero una “scommessa”: una penna stilografica appoggiata in verticale su un tavolino sarebbe caduta durante il decollo? Sembra ovvio, ma a vostre spese avreste imparato che la suddetta stilografica non cadeva, mai, perché il decollo era una semplice, silenziosa e vellutata ascesa che in un paio di minuti vi portava ad un centinaio di metri. A questo punto venivano accesi i motori e si saliva alla quota di crociera di cinquecento metri.

Nessun tremore, nessuna vibrazione, i motori erano lontani e avvolti in gusci d’acciaio. Oltre al brusio della conversazione gli unici “rumori” regolari a bordo erano il suono del pianoforte ed il tintinnio di porcellane, argenti e cristalli, preludio di un servizio ristorante di gran classe.



La poetica del dirigibile nella pellicola “The Hindenburg”
Nel 1936 volare non era una cosa abituale, tanto meno attraverso l’Atlantico. Di solito si andava a New York via nave, impiegando quasi una settimana. Farlo in due giorni, a bordo di un dirigibile, elegantemente accuditi da una dozzina di steward e hostess, consumando raffinati pasti seduti in una vera sala da pranzo (con tanto di fiori freschi in piccoli vasi di porcellana), dormendo in veri letti e con la possibilità di farsi una bella doccia fresca ogni volta che lo si desiderava non era solo straordinario: era un sogno ad occhi aperti. Una visione ottimistica ed elegante riguardo il futuro dell’aviazione. Una perfetta e poetica descrizione del volo in dirigibile la offre Anne Bancroft nel film “The Hindenburg” del 1975.
“Marvelous sensation on an airship.
Floating, timeless.
Past, present, no difference.
They all seem to run together here”.

La fine di un’epopea chiamata Hindenburg
Com’è finita credo lo sappiano tutti. Il 6 maggio 1937, al termine del suo ventunesimo volo da Francoforte a New York, l’Hindenburg prese improvvisamente fuoco mentre si trovava fermo a sessanta metri sopra la pista di Lakehurst. In meno di quaranta secondi andò distrutto, morirono 35 persone, ma 62 uscirono vive dal rogo, e fra loro una dozzina illese.



Sulle cause dell’incidente si è dibattuto per anni: l’errore umano e uso dell’idrogeno sono fra le poche certezze. Fu la prima tragedia aerea ripresa in diretta dai cineoperatori e potete trovare decine di video nel web. Proprio la spettacolarità del disastro contribuì a mettere la parola fine sul futuro dei trasporti in dirigibile, anche se i motivi reali sono riconducibili alla fortissima spinta della nascente industria aeronautica e dalla richiesta di viaggi sempre più veloci. I ritmi eleganti, aggraziati e tutto sommato lenti del dirigibile furono la causa stessa della sua scomparsa.
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