
Il nuovo libro su Louis Vuitton svela le meraviglie della sua casa/laboratorio di Asnière-sur-Seine
Asnière-sur-Seine: il rifugio dello stilista francese, raccontato nel nuovo libro Louis Vuitton. Manifactures
Era un luogo deserto; la terra arida, insidiosa, poteva solo rifocillare gli asini al pascolo. Asnière-sur-Seine divenne, negli anni, un luogo ambito dall’alta aristocrazia francese. E tra loro figurava anche Louis Vuitton. Lo scopriamo nel suo nuovo libro a cura di Nicholas Foulkes, edito da Assouline.

Nel 1185, una bolla papale indicava la terra, percorsa dalla Senna, come una terra inospitale. Sei secolo dopo, la marchesa Marie Madeleine de La Vieuville, amante ufficiale di Filippo II, duca d’Orléans, vi costruì un castello.
A solo otto chilometri da Parigi questo luogo, un tempo isolato dal mondo, divenne attrazione per l’alta borghesia francese, tanto che vi sorse uno dei club di canottaggio più esclusivi della capitale.

Nel 1860, a loro, si unirà Louis Vuitton portando, in questa neonata cittadina glamour, un tocco très chic. Tra le sue più apprezzabili dame, María Eugenia Ignacia Agustina de Palafox y Portocarrero de Guzmán y Kirkpatrick, nota come Eugenia de Montijo, diciannovesima contessa di Teba e decima contessa di Montijo; fu imperatrice consorte dei Francesi dal 1853 al 1870 in virtù del suo matrimonio con Napoleone III e l’ultima sovrana consorte. La donna era una cliente abituale di Vuitton tanto da collezionare i suoi celeberrimi bauli, compagni di viaggio nelle trasferte dal palazzo di Tuileries al castello sino a tutte le località più gettonate per una villeggiatura regale.

L’esploratore Pietro Paolo Savorgnan di Brazzà nei suoi tanti viaggi avventurosi, portava sempre con sé un baule LV, come testimonia un suo racconto fotografico di un viaggio in Congo, nel 1880. Ernest Hemingway possedeva un The Library Trunk nel quale conservava tutti i suoi libri. Anche Samuel Morse, l’inventore del telegrafo, era un appassionato degli accessori da viaggio Louis Vuitton. Charles Lindbergh sorvolò l’atlantico, in solitaria, con due bauli della griffe. Ciò confermava l’influenza dell’imprenditore francese nel ramo della valigeria.

Da Marlene Dietrich ad Anna Magnani, tutte le dive del cinema internazionale, per scoprire i segreti che si celavano dietro i bauli, si recarono in rue du Congrès ribattezzata, poi, rue Louis Vuitton.
In Louis Vuitton. Manifactures, si narrano gli inizi di un uomo che dovette fuggire dalle grinfie della sua matrigna, per ritrovare la serenità e, dunque, la sua strada. Si racconta, infatti, che Louis si allontanò a piedi, dalla sua casa natale dove viveva con la donna e il padre mugnaio, per dirigersi alla volta di Parigi. Quattrocento chilometri percorsi con le sue gambe, per poi incontrare Monsieur Marechal che gli svelerà tutti i segreti della valigeria, nel suo atelier, in veste di garçon. Nel 1858 apre il suo laboratorio e lancia la moda del baule rettangolare, con i bordi smussati e in tela cerata, impermeabile (sarà il figlio Georges, nel 1896, a inventare il famoso monogram LV, a quattro anni dalla morte del padre). I pioppi con il quale è realizzata la struttura della valigia sono trasportati sulle acque della Senna grazie alle péniche.
La villa, oggi una galleria visitabile, è stata realizzata dal maestro dell’Art Nouveau, Hector Guimard. Sulle vetrate fioriscono splendide corolle di iris. Sembra immergersi all’interno di un orto botanico, tra ceramiche cinesi, tavoli orientali in mogano con inserti in madreperla e divani Chester.
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