Castello Sannazzaro di Giarole, sala interna
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Conoscere il Castello di Sannazzaro di Giarole, la terra di mezzo. Intervista al conte Giose Sannazzaro Natta

Castello Sannazzaro di Giarole: La fortezza piemontese da visitare e che oggi scopriamo attraverso i racconti del Conte Giuseppe detto Giose Sannazzaro Natta

L’Italia è un Paese che trasuda storia, arte e bellezza. E sin qui nulla da dire, lo sappiamo tutti. Poi, perché c’è sempre un poi, ci sono quei luoghi che sono “terre di mezzo”, sospesi nel tempo, dove i piatti della bilancia oscillano fra un passato ricco di storia ed un futuro da creare senza tradire la propria identità. È il caso del Castello Sannazzaro di Giarole, le cui fondamenta poggiano, come il fulcro di una rosa dei venti, fra Piemonte, Emilia, Lombardia e Liguria. Ricordatevi della posizione, perché è uno degli aspetti fondamentali di questo racconto. 

Mappa Monferrato – Casale

Come ogni castello che si rispetti, alle spalle vi è una famiglia antica e nel presente un nobiluomo che ha scelto di prendersene cura. I motivi di questa scelta, con tutto il bagaglio di oneri, difficoltà, soddisfazioni e speranze future, li affrontiamo insieme a lui, al nobiluomo: il Conte Giuseppe detto Giose Sannazzaro Natta.

Ritratto del conte Giuseppe Sannazzaro

Buongiorno Don Giuseppe, nove secoli di storia quanto pesano sulle spalle e come si proiettano nel presente e nel futuro?

Quanto tempo ho per rispondere? Scherzo. Battuta a parte, sono nato a Genova nel 1962, e lì ho trascorso piacevolmente la giovinezza. Mio padre Ranieri e mia madre Maria Luisa mi hanno trasmesso due insegnamenti fondamentali: “lavorare sempre, con tenacia, impegno e determinazione” e “avere dei privilegi comporta sempre dei doveri”. La nostra è una famiglia molto antica, che affonda le sue radici fra il X° e l’XI° secolo, e non nego che quasi un millennio di storia ha un peso non indifferente. Poi molto dipende da come la singola persona decide di vivere ed affrontare la propria storia. Prima della scomparsa di mio padre, avvenuta nel 2002, ho studiato in Italia ed in Inghilterra; poi ho lavorato nel settore della finanza di progetto, professione che mi ha permesso di viaggiare molto in tutto il mondo, Europa e non solo. Quando venne a mancare mio padre mi ritrovai a decidere il da farsi riguardo la parte più complessa dell’eredità, il Castello di Giarole, in provincia di Alessandria. Io e mio moglie Letizia decidemmo di trasferirci lì nel 2006 ed imprimere un progressivo e radicale cambiamento alle nostre vite. Deve sapere che il castello è uno dei pochissimi esempi in Italia di residenza storica che, dalla sua fondazione in poi, è sempre rimasto di proprietà della stessa famiglia. Fu edificato a seguito del diploma rilasciato dall’Imperatore Federico Barbarossa a Pavia, il 4 dicembre del 1163, dove autorizzava i “de Sancto Nazario” (com’era citata all’epoca la mia casata) a costruire un castello dovunque volessero nei loro possedimenti. La scelta ricadde su Giarole.  La decisione di trasferirci e di vivere il castello (sottolineo “vivere il castello e non vivere nel castello”) si riallaccia al secondo insegnamento dei miei genitori: ovvero il privilegio di essere proprietario di un bene storico così prestigioso comporta il dovere non solo di viverci ma di mantenerlo vivo, e soprattutto dargli uno scopo, e darlo di conseguenza alle nostre vite. Per me, in sostanza, possedere un titolo nobiliare non è una questione di vanto, ma di amore per la propria storia, che nel nostro caso molto spesso ha coinciso con la storia italiana. È impegno verso il borgo di Giarole, il territorio che lo circonda, il rispetto per la gente che qui vive e lavora. Il passato, per quanto glorioso possa essere, è nulla se non ci indica una via per il futuro.

Panoramica del castello

Un castello da tenere vivo e da vivere, cosa comporta oggi e quali prospettive e progetti per il domani?

Vi racconto una storia … Tanti anni fa un nobile napoletano, il Principe Francesco Caravita di Sirignano, amava trascorrere le vacanze in Costa Azzurra. Un giorno, a Nizza, fu presentato ad un ricchissimo maharaja che, stranamente, alloggiava in una pensione economica. Una sera, durante una festa, mosso dalla curiosità, il principe chiese al maharaja il motivo di una sistemazione così modesta. Senza scomporsi il nobile indiano rispose “ho al mio seguito decine di servitori ma soprattutto una dozzina di elefanti; sapete quanto costa foraggiare e alloggiare dodici elefanti?! Si rividero alcuni anni dopo, e stavolta il maharaja si era sistemato nella più lussuosa suite del più lussuoso hotel di Cannes. Il principe, incuriosito, gli chiese il perché di questa scelta, visto che negli anni aveva sempre trascorso le proprie vacanze in modeste sistemazioni. Il maharaja serafico rispose: “ho venduto gli elefanti e mi sono comprato una spider”. Ecco, il castello di Giarole è il mio elefante personale al seguito, ma io e la mia famiglia abbiamo deciso non tanto di viverci ma di viverlo. Sembra una sottile differenza ma in realtà comporta scelte diverse. Prendersi cura di una residenza simile, implica oneri e difficoltà che possono essere superati solo con una passione profonda, che ti spinge a dare tutto pur di salvaguardare quello che di fatto non è un insieme di mura: è l’essenza stessa della storia di tutta una famiglia. Qui infatti sono racchiusi oltre nove secoli di Sannazzaro. Riguardo la gestione del castello potrei elencarvi gli oneri di manutenzione, sottoposti a controlli ed iter burocratici che logorano e spezzano l’entusiasmo, ma non sarebbe elegante, e soprattutto sarebbe di una noia mortale. Prosaicamente, io e mia moglie gestiamo tutto: dai lavori di piccola manutenzione alla cura del parco, dall’amministrazione alle visite guidate. Ecco, le visite guidate le considero un mio fiore all’occhiello. Ho scelto di esser io in prima persona a guidare i visitatori, ed il motivo è presto detto: è casa mia, conoscono ogni angolo, ogni spigolo, ogni mobile, ogni dipinto, tutto. I visitatori sono degli ospiti graditi, accompagnati con piacere di sala in sala. A chi soggiorna siamo io e mia moglie a servire la colazione, spesso sedendoci con loro ad ascoltare le impressioni, scambiando opinioni e punti di vista, suggerendo le cose da fare e le bellezze da scoprire nel nostro territorio. Una cosa tengo a precisare: il nostro castello non è un hotel di lusso, abbiamo scelto di renderlo accessibile a tutti. Soggiornare da noi equivale ad essere ospitati in una casa privata che, per pura coincidenza, è un castello. Il Futuro? Ah! Quanto amo progettare il futuro. Potrei dire che vorrei proseguire in quel che faccio, ma sarei banale e non è nelle mie corde. In realtà, vorrei fare di questo luogo (non solo del castello ma dell’intero borgo), un’oasi dedicata alla cultura, dove artisti provenienti da ogni parte del mondo possano rappresentare la propria vena artistica in una serie di eventi

La sala di ingresso al castello

Il borgo di Giarole: ci racconti tre buoni motivi per sceglierlo come meta.

Guardi, ne basta uno. Giarole si trova in una posizione perfetta: se con un compasso punta sul castello e disegna un cerchio, a distanza di un’ora o poco più ci sono Torino e il Monferrato, Genova, le Alpi liguri e la Riviera, Milano, Pavia e l’Oltrepò, Piacenza e le languide colline emiliane. Con mia moglie abbiamo creato degli itinerari suggestivi nelle vicinanze del castello. Attorno a noi ci sono moltissimi luoghi ricchi di storia, di arte e di folclore. Di recente abbiamo attrezzato un servizio di E-bike, con itinerari ad hoc che permettono di addentrarsi lungo i percorsi che fiancheggiano il Po, come di arrampicarsi sulle meravigliose colline del Basso Monferrato Casalese

Castello e borgo

A mezza via fra Piemonte, Emilia, Lombardia e Liguria. Come la mettiamo con la cucina ed i vini?

La cucina piemontese è ricca di storia e tradizioni. In zona è cresciuta nel tempo una discreta offerta che strizza l’occhio all’innovazione senza dimenticare la tradizione di una cucina antica.  Nelle vicinanze di Giarole ci sono diverse cantine innovative, del resto il Monferrato è terra di Barbera e Grignolino, vini da sempre molto apprezzati in tutto il mondo. Personalmente amo molto il Grignolino, poiché si avvicina ai vini rosati, ha un sentore fresco e profumato, perfetto per gli aperitivi. Non abbiamo un servizio di cucina interna al castello, ma possiamo tranquillamente organizzare, per piccoli gruppi, cene e degustazioni, tenendo sempre in cura il connubio fra la ricchezza dei piatti piemontesi e le esigenze dei palati più delicati.

Calici di grignolino

La cucina del Monferrato è un tripudio di sapori. Dal tartufo, di cui non serve dire altro, al taleggio stagionato sotto le ceneri di faggio, agli agnolotti, a bolliti e fritti misti di carne, per non dire dei dolci (passione personale) quali i baci di dama, le torte morbide alle nocciole e il cioccolato, ah! Il cioccolato!  

Cosa vorrebbe trovare in un cassetto dei sogni?

Uno dei sogni sarebbe trovare il tempo di studiare e catalogare l’archivio del castello, che racconta oltre settecento anni di accadimenti. Qui si documentano i legami della mia famiglia con i sovrani del Sacro Romano Impero, con i Paleologo, i Gonzaga ed i Savoia, ma anche con il Risorgimento ed il ‘900 italiano. Un altro sogno sarebbe completare la storia romanzata del castello di cui ho già scritto i primi capitoli.  

Nel frattempo si può leggere la storia della famiglia Sannazzaro nel libro “De Sancto Nazario”, scritto nel 2015 dal Conte Giuseppe Sannazzaro Natta – Gammarò Edizioni. 

E poi c’è lei, la nuova generazione: Ludovica Sannazzaro, che a vent’anni, con il profilo “@thecastlediary”, ha superato su Tik Tok il milione di follower raccontando la vita al castello.

Ludovica Sannazzaro

Scopri di più sul castello.

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Ammiro il coraggio della redazione di Volgare Italiano. Chiedermi di scrivere degli articoli, lasciandomi per giunta carta bianca nella scelta delle tematiche e dello stile, lo ritengo un grande atto di coraggio, o di follia, o di entrambe le cose assieme. Tutto sommato, se dovranno rammaricarsi o rallegrarsi per questa scelta, non dipende né da me, né da loro, ma da voi lettori. Perché Dottor Divago? E’ presto detto. Perché amo divagare da un tema all’altro, anzi lo faccio proprio con dovizia ed impegno. Non ho la presunzione di conoscere tutto, sia ben chiaro, però ho l’ardire di amare il bello, aggettivo qualificativo che applico ad ogni aspetto della vita nella sua forma più assoluta. Sinché durerà la collaborazione con Volgare Italiano, toccherò sempre con grande leggerezza vari argomenti disparati fra loro, con l’unico obbiettivo di offrirvi una distrazione dalle vostre occupazioni quotidiane (se piacevoli lo deciderete voi). Il fatto di non essere un accademico né un critico ma una persona normalissima, a volte troppo, quanto vorrei avere ogni tanto un barlume di follia, mi regala l’occasione di dialogare di tutto senza addentrarmi troppo nei dettagli. Del resto la curiosità rappresenta una porta semi aperta sulla conoscenza, e se anche per un attimo avrò suscitato in voi questa sottile sensazione che vi porterà ad approfondire “motu proprio” un qualsivoglia argomento, sarò soddisfatto (e lo sarete anche voi, fidatevi). Di cosa si può parlare con leggerezza? Di tutto. Basta farlo con garbo, eleganza ed ironia. Tre qualità che andrebbero applicate in ogni aspetto della vita, soprattutto in tempi sospetti quali sono i nostri, dove scivolare nel cattivo gusto pare sia ormai must quasi irrinunciabile. Personalmente ritengo che la massima di Andy Warhol “in futuro tutti saranno famosi per quindici minuti” sia stata presa un po’ troppo sul serio, e preferisco di gran lunga un'altra sua frase “credo che avere la terra e non rovinarla sia la più bella forma d'arte che si possa desiderare”. Ecco, aggiungerei che, oltre a non rovinarla, sarebbe anche carino cercare di renderla un luogo migliore, fosse anche per provare sulla propria pelle un emozione diversa dal solito. Ecco, divago, lo so, è inevitabile. Tornando agli argomenti non vi tedierò con un infilata di temi, tematiche e note a margine: è cosa che detesto quasi quanto le tasse, ma sempre meno delle promozioni telefoniche. Diciamo che vi sono tante sfumature di colori, più di quante ve ne siano in un arcobaleno, nella storia, nell’arte, nella moda e nelle mode, nel saper vivere, nel recitare su di un palco come nella vita. Di questo mi occuperò, sempre se la redazione non cambierà idea dopo questo articolo. Gli spiriti liberi sono pericolosi per loro stessa natura: non imbrigliati nelle reti del pensiero corretto si permettono l’oltraggiosa arte del Divagare senza una meta prefissa. O forse l’hanno. Vedremo.