
Leonardo Caligiuri, intervista al fashion stylist
Leonardo Caligiuri, fashion stylist e brand consultant di fama internazionale, racconta i retroscena del suo mestiere
Venticinque anni di carriera e una coerenza stilistica immutata nel tempo: Leonardo Caligiuri, dopo aver studiato Relazioni Pubbliche indirizzo Moda e Design presso lo IULM di Milano, inizia a muovere i primi passi nel mondo della moda al secondo anno di università. È l’8 gennaio del 1996. Il suo debutto arriva nella grande editoria del settore, con Mondo Uomo e Donna. In seguito alla chiusura delle due riviste, inizia a lavorare in Gioia, A, Vanity Fair (per sette anni), F. La fama di Leonardo giunge sino all’estero, con i suoi contributi a Figaro Giappone, Vogue Portogallo, Elle Messico, diverse edizioni di Numero.

Ci spieghi in cosa consiste il tuo lavoro?
Il fashion stylist coordina, assembla, accessoria le collezioni che vengono creati dagli stilisti. A livello editoriale tiriamo fuori tutte le tendenze viste in passerella durante le sfilate. Possiamo partire anche da una palette: cerchiamo di creare un look prendendo spunto da un colore visto in passerella e proposto da diversi stilisti; così come i capi, mixando una giacca di Armani con un pantalone Gucci.
Quindi, chi meglio di te può raccontarci come è cambiata la moda negli ultimi venticinque anni …
La moda è totalmente cambiata così come la donna. Dopotutto si riforma in base al momento storico-culturale: un legame imprescindibile con la storia del proprio Paese. Per fare un esempio, il Nude Look di Yves Saint Laurent è legato alla ribellione sessuale.

Qual è stato l’anno d’oro della moda?
Secondo me, gli anni Quaranta hanno vestito la donna per glamour ed eleganza. Negli anni Ottanta è tutto iper, eccessivamente forte: un’energia creativa incredibile. Sono legato anche agli anni Novanta, decennio che ha segnato l’era del vero minimalismo al quale mi sento particolarmente legato anche per via del mio debutto nella moda.
Il 2021 è stato, invece, l’anno delle collab tra le grandi griffe: cosa ne pensi di questa strategia di marketing
Questo è un momento schizofrenico. Vedi anche il concetto di politicamente corretto dove sei costretto a fare attenzione a quello che dici o come ti esprimi. Anche la moda rispecchia questo periodo. Le collaborazioni, a livello stilistico, possono essere dei giochi come è successo con lo scambio di identity Gucci VS Balenciaga o Fendi VS Versace. Dipende anche dall’estetica. Sei hai un’immagine forte come Gucci e Balenciaga può essere anche un gioco divertente. Nel caso di Versace, c’è un mix bilanciato tra l’immagine forte della Medusa (greche, meduse, pelle, spille da balia, stampe barocche) con l’eleganza sussurrata Fendi, maison storica apprezzata per le sue pellicce che fa degli accessori, il suo core business.




Come è cambiata la moda negli ultimi venticinque anni?
Niente è definito, in questo periodo. Si fa un tanto parlare di fluidità, gender fluid … è tutto molto confuso. Non è un momento stabile nel quale ogni genere prende il suo spazio. E’ molto difficile identificarsi in questo momento.
Il valzer di poltrone nella moda non danneggia anche l’immagine del brand?
Certo che sì. Non c’è equilibrio e si perde l’identità. E’ tutto troppo veloce. Non si capisce più dove si voglia andare; non si lascia nemmeno il tempo a un designer di amalgamarsi con l’azienda.
Qual è il brand del momento su cui puntare?
Per me rimane Yves Saint Laurent e il suo erotismo: la sua è una donna molto sexy, avvolgente, sensuale. A me piace quella tipologia di donna, consapevole della sua femminilità. E al giorno d’oggi non è una caratteristica molto facile da trovare.
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